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PERCHE' UN TRIBUTO AI ROLLING STONES?  di Ugo Moretti

CAN THE BLUE MEN SING THE WHITE?   di Andìrea Angelini

PERCHE' UN TRIBUTO AI ROLLING STONES?                

di Ugo Moretti

I Rolling Stones rappresentano il volto rabbioso e ribelle della musica rock, sono stati idolatrati, disprezzati, osannati e maltrattati da giornali, riviste, Tv e radio. Per più di quattro decenni hanno dato corpo agli eccessi del Rock’n’Roll. Sopravvissuti in maniera sbalorditiva ai mutamenti delle mode e di gusti, ad eventi traumatici e pulsioni autodistruttive, tanto da diventare un fenomeno globale.

La vera portata della loro arte è probabilmente sconosciuta anche a loro stessi. Siamo di fonte a personaggi che sul serio hanno fatto scuola, ma per davvero. E’ un dato di fatto che tutti i cantanti, dagli anni sessanta in poi, hanno dovuto, volenti o nolenti, confrontarsi e comunque apprendere come si sta sul palco da Mick Jagger, e tutti i chitarristi degli ultimi quaranta anni hanno imparato a suonare, muoversi, ad imbracciare la chitarra elettrica, me compreso, anche da Keith Richards. Per non parlare di generazioni di bassisti e batteristi che hanno sempre sognato di realizzare una sezione ritmica musicalmente compatta come quella degli Stones.

A ben guardare la musica degli ultimi 50 anni si divide in due alberi genealogici: quello nato e sviluppatosi da un gruppo di Liverpool, che ha dato origine ad una serie di altri gruppi dall’impronta un pò melodica e nel migliore dei casi un rock moderato, sicuramente ben fatto e bene educato; e quello originato dai Rolling Stones dai quali hanno avuto origine altri gruppi e generi musicali fortemente correlati e che rappresentano dei monumenti nella storia del rock o che agli stessi Stones devono senza dubbio qualcosa: gli Yardbirds, i Cream, i Led Zeppelin, l’Hard Rock, per altri aspetti forse anche l’Heavy Metal, successivamente il Punk, poi i Nirvana, e chi più ne ha più…..

Quando mi capita di parlare con altri musicisti, la maggioranza dei quali più giovani di me, incontrati per caso nei vari concerti e nei locali della mia città, mi rendo conto di quanto siamo stati fortunati, sia noi, che gli stessi Stones. Provenire dai lontani anni sessanta ed essere passati miracolosamente indenni attraverso periodi epocali bellissimi sì, ma anche terribili e tragici. Periodi difficili con cui ha dovuto fare i conti il mondo della musica ed anche tutta la società, con la droga (quella veramente pesante) che dilagava, le contestazioni politiche, gli anni cosiddetti di piombo, le malattie, gli scontri sociali.....

Il tempo è stato generoso, ed ha conservato e difeso quello che è nato da una generazione musicale storica, per consegnare, nel bene e nel male, i frutti di tutto ciò ad altri che verranno. Certo, i Rolling Stones continuano e continueranno a rappresentare per noi uno stile di vita che affonda le radici anche nel Blues delle origini dell’inizio del secolo scorso. E chissenefrega se adesso sono diventati anche multimiliardari, ciò è un riconoscimento al merito.

Guardiamoci intorno, spesso vediamo: sottocultura, mistificazioni, imbonitori massmediatici ed ignoranti, gente appecoronata, ed anche presunzione e vanagloria. Queste cose non ci interessano, noi preferiamo altro e vogliamo ricordare a chi sa usare ancora la zucca, ma soprattutto a chi è più giovane di noi, che gli obiettivi nella vita si raggiungono lottando, anche con la musica. Perché “Non puoi ottenere tutto quello che vuoi , ma se ci provi potrai trovare tutto quello di cui hai bisogno” (R.Stones).

E quindi, finchè sentiamo attivi gli ormoni della ribellione, finchè abbiamo ed avremo voglia di suonare "I Can’t get no Satisfaction" e il senso di insoddisfazione ci obbligherà ad impegnarci per migliorare noi stessi ed ottenere di più, vuol dire che siamo, noi tutti, vivi.  

    Ugo Moretti (chitarrista degli Stoners)  

                                                       

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CAN THE BLUE MEN SING THE WHITE?             

di Andrea Angelini

Il mondo della critica musicale è notoriamente popolato da teste pensanti e scriventi più o meno attendibili. Fatti salvi i gusti personali, il criterio di valutazione e giudizio sulle opere è, a volte, ingiustamente condizionato da assurdi preconcetti, privi di sostanza, quando non di buonsenso, ad una oggettiva analisi.

Il vecchio assioma che i bianchi non sappiano/possano e quindi non debbano cantare il blues è stato sfatato qualche decennio fa quando la swingante Inghilterra beat sfornava con frequenza strabiliante talenti vocali modellatisi sul culto dei grandi interpreti di colore come Ray Charles, James Brown, Sam Cooke, Otis Redding,ma presto capaci di forgiarsi, già in giovanissima età, uno stile personale e riconoscibile: Eric Burdon, Stevie Winwood, Mick Jagger, Van Morrison, Rod Stewart, Steve Marriott, Paul Rodgers, Roger Daltrey, per citare solo i più famosi, hanno con la loro opera e le loro ugole spazzato via il banale luogo comune che stabiliva l'impossibilità di cantare in modo credibile e autentico la sofferenza, il pathos, l'emozione e la gamma completa dei sentimenti profondi scaturiti dalle pene del cuore e del vivere quotidiano, senza avere la famigerata pelle nera.

Ma pregiudizi ancor più duri a morire e paradossali, anche perchè spesso inspiegabilmente condivisi e avallati dagli stessi fan di un artista, resistono inossidabili. Uno di essi afferma che i Rolling Stones siano per definizione al loro meglio una Rock-Blues band, incapace di esprimersi su livelli accettabili in alcuna altra forma musicale e bolla come infelici, esecrabili ,quando non totalmente inutili e fallimentari, le loro escursioni al di fuori di questo campo stilistico ben delimitato.

Un urlo di protesta, un ghigno di sgomento, una smorfia di disprezzo nei confronti di simili affermazioni??? No, non ce n'è bisogno...una tranquilla ed educata affermazione ci guiderà verso una sibillina dimostrazione di infondatezza: "Signori, BASTA KAZZATE, prego!!"

E' indubbio che le radici, motivazioni, passioni e il talento cristallino della band fondata da Brian Jones e dai gemelli musicali, allora non ancora scintillanti, Jagger e Richards siano fin dai loro albori affondate e prosperate nel blues dei maestri neri Muddy Waters, Willie Dixon, Jimmy Reed, Elmore James, Chuck Berry etc.. L'ossessione-venerazione che Brian e gli altri avevano per questa musica li fece diventare dei professionisti e acquisire successo e fama. Ma una volta al top si resero immediatamente conto che nella competitiva scena londinese dei '60 dominata dall'originalità e versatilità dei Beatles, per stare al passo con i tempi bisognava essere autori del proprio materiale e non rimanere nel limbo delle cover band senza futuro. La storia dice che fin dal 1965 molti brani composti da Jagger-Richards e arrangiati dai 5, con una menzione particolare per il polistrumentismo geniale e virtuosistico del compianto Brian Jones, esulano del tutto dai contesti e dalla grammatica della musica nera. Tell Me, As Tears Go By, Lady Jane, Play With Fire, Congratulations, I'm Free, The Singer Not the Song, Sitting On A Fence danno prova di versatilità stilistica e strumentale in sintonia con i rapidi cambiamenti dell'epoca ed entrando spesso regolarmente nelle classifiche di vendita. Il primo album composto interamente da canzoni di Jagger-Richards-Aftermath del 1966 è una multiforme visione a 360°del pop-rock-blues giovane, molto più influenzato dall'approccio di Brian Wilson alle meraviglie soniche della sala di incisione che dai maestri di un tempo. Brian Jones eccelle particolarmente in queste incisioni inserendo negli arrangiamenti strumenti come l'harpsichord, il dulcimer, il sitar, l'arpa, tastiere di vario genere, il flauto e dimostrandosi un jolly capace di tirar fuori sonorità interessanti da strumenti  mai suonati o imbracciati prima.

La virata Pop-psichedelica del disco Between The Buttons (registrato fra ottobre e novembre del 1966) segue la stessa tendenza modernizzando i suoni (distorsioni, manipolazioni ed effetti di studio come echo, flanging, phasing e una immagine stereofonica molto separata) e  avventurandosi  anche su terreni inesplorati. La delicata e splendida Backstreet Girl e' addirittura un omaggio alla Chanson Francaise, la gotica She Smiled Sweetly comprime un chiesastico organo Hammond e la voce di Mick, mai così desolato, la conclusiva scherzosa Something Happened To Me Yesterday oltre ad essere l'esordio di Keith Richards alla voce solista  è un salto nel buio nel vaudeville cabarettistico sulle orme di Winchester Cathedral. Risultati eclatanti dunque, ma questo l'album rimane tra i meno apprezzati e ricordati della loro storia, anche se all'epoca vendette benissimo sull'onda dell'infallibilità del quintetto all'apice della popolarità.

La pietra dello scandalo della discografia delle Pietre Rotolanti è considerata però l'album successivo: dopo 41 anni si continua a versare inchiostro velenoso contro il supremo capolavoro di multicolore psichedelia Their Satanic Majesties Request del 1967. Le avvisaglie dell'evoluzione erano state chiare ed eccelse, il blues non bastava più a coprire le distanze da percorrere, la mente a volte corre più veloce delle mani sulle tastiere delle chitarre o dei sitar, così in rapida successione da fine 1966 c'erano stati la cacofonia iperdistorta di Have You Seen Your  Mother Baby Standing In The Shadow, orgia di Les Paul a volume 12, fiati dirompenti e testo ribelle satira contro i matusa,  il Raga-Rock di Paint it, Black e la ballata pianistica elisabettiana Ruby Tuesday a cui Brian (sempre lui, dannazione, ma quante  idee geniali scorrevano sotto quel caschetto dorato??) dona contrappunti flautistici di grazia e autunnale malinconia e un violoncello scarno e asciutto che incute rispetto. Nonostante tutto questo, si è scritto e detto da  41 anni: "Gli Stones hanno perso la bussola, hanno abbandonato il blues (già era avvenuto con successo  infinite volte come abbiamo visto...) volevano imitare i Beatles di Sgt.Pepper (stesso anno, stessa estate, stesse spiagge ma non stesso mare: nulla della gotica psichedelia degli Stones ricorda o assomiglia alla sognante, giocosa , caleidoscopica positività della musica beatlesiana del 1967), volevano cavalcare la moda del flower power psichedelico senza averne le capacità...".e via delirando, scemenza dopo scemenza, kazzata dopo kazzata.....

Si dimentica come all'epoca la scena musicale londinese fosse così ristretta e intima che tutti i grossi nomi si conoscevano, frequentavano e influenzavano a vicenda, spesso sentendo in anteprima i brani gli uni degli altri senza plagi, paure o timori, in una totale osmosi creativa non preordinata: Beatles e Stones passavano weekend insieme, poi andavano nei club a vedere Hendrix, o all'Alexandra Palace a un happening psichedelico a sentire i Soft Machine o i Tomorrow per finire la serata alle 3 di notte negli studi di Abbey Road o agli Olympic Studios a registrare le idee per nuove canzoni avute in giornata. L'allargamento della coscienza mentale, la psichedelia, il tentativo di trascendere i confini musicali e l'immaginazione a briglia sciolta erano sparsi ubiquamente per Londra nel 1967, come la tipica pioggerella britannica che ogni giorno accompagna i sudditi di Albione. Perfettamente inseriti e anzi, spesso avanguardia del clima, della vita sociale, delle tendenze culturali della vita londinese e consumatori curiosi di sostanze poco lecite come e più di altri loro contemporanei, gli Stones si immergono convinti in lunghe sessioni di registrazione, sperimentando per ore diversi arrangiamenti, tempi, atmosfere per le singole canzoni.

I tempi di registrazione si dilatano a dismisura dopo che una scientifica operazione di polizia orchestrata per incastrare Keith Mick e Brian provoca arresti, cause, udienze e altre spiacevoli distrazioni nella primavera/estate del 1967, ma alla fine nel dicembre dello stesso anno, in una sgargiante copertina in 3D opera del fido ottimo Michael Cooper, il disco viene alla luce. La bellezza estetica, il valore storico e oggettivo di Their Satanic Majesties alla pari dei celebrati capolavori del genere di quell'epoca (Beatles, Beach Boys, Pink Floyd, Byrds, Thirteen Floor Elevator ,Zombies, Jefferson Airplane, Frank Zappa) sta proprio nelle impalpabili trame oniriche di brani come Gomper (flauti e percussioni arabo-marocchine, melodia indiana ,testo visionario) nel lucente candore di 2000 Man ,nella torrida distorsione e nelle previsioni apocalittiche di Citadel, nel sogno ad occhi ben chiusi di Bill Wyman In Another Land, suo unico brano mai apparso su un album della band, nell'arcobaleno sonoro She's a Rainbow (appunto!!!), ma soprattutto nell'immortale, spettrale, agghiacciante 2000 Light Years From Home: il viaggio intergalattico dove Asimov incontra Aldebaran, il propellente è l'incredibile e sinistro lavoro al Mellotron di Brian Jones, capitano lisergico di un viaggio ai confini dell'umana bellezza. Questa canzone, ma a ben sentire tutto questo album, sarebbe ancor oggi venerato e ricordato negli annali come suprema opera di ingegno se fosse uscito nel 1967 a firma Syd Barrett, l'unico autorizzato e legittimato, chissà perchè, dalla critica priva di cervello e orecchie ben sturate, a poter intraprendere viaggi astrali musicali senza incorrere negli strali punitivi di chi è ancora ancorato alle categorie stilistiche e alle etichette di comodo. Ma gli Stones no, loro non sanno fare musica sperimentale...

Se non vi basta, la prova del 9 arriva dal meraviglioso singolo dell'estate 1967 We Love You, sbeffeggiante e ironico contro l'establishment che li voleva a marcire  in galera e non a cambiare le vite di milioni di giovani. Il brano inizia  con il rumore della porta di una cella di prigione che si chiude bruscamente ed è segnato da uno strepitoso martellante riff di pianoforte, cori di Lennon e Mc Cartney e una coda di Mellotron in cui il solito Brian supera se stesso in un duello all'ultimo sangue con i tonanti tamburi di Charlie Watts...un'apocalisse totale, su tutto la voce di Jagger che intona "Non ci importa se ci rinchiudete dietro una porta chiusa, non vincerete mai, saremo ancora vivi quando voi sarete morti, non ci cambierete mai, ma noi vi amiamo"..  come si poteva essere giovani nel 1967 e non avere la vita cambiata dopo aver ascoltato We Love You???? Per la cronaca la facciata B di We Love You era  Dandelion, ennesima ispirazione da Lewis Carroll, cori da giardino d'infanzia e pillole proibite, e sognanti atmosfere psych -folk. Anche durante il ritorno sui percorsi a loro più abituali del Blues-Rock che nei successivi 5 anni li farà entrare definitivamente nella leggenda con una serie di album immortali da Beggars Banquet a Goat's Head Soup, fondamentali in qualunque discografia, non mancheranno mai episodi di diversità stilistica: la stella cometa psichedelica ha una struggente coda prima del tramonto, Child Of The Moon (1968),  poi il Country nashvilliano di Country Honk ( da Let It Bleed, 1969), il Country- Rock cosmico  di Wild Horses, le escursioni latineggianti-jazz di Can't You Hear Me Knocking, la potente evocativa orchestra di Moonlight Mile (tutti contenuti in Sticky Fingers ,1971), la languida classica bellezza dell'ultra venduto singolo Angie (1973) e le due magnifiche ballate con tocchi Progressive, Winter e Can You Hear The Music (da Goat's Head Soup, 1973). Tutte canzoni eseguite con grande intensità, arrangiamenti intelligenti, perizia tecnica (fondamentale il contributo dell'eccellente Mick Taylor subentrato nel 1969 allo scomparso Brian Jones) e volontà di espandere gli orizzonti compositivi e creativi.

Successivamente e fino ai tempi correnti, anche nei periodi meno felici e creativi, gli Stones hanno continuato, spesso per iniziativa  di Mick Jagger (che si fa un vanto di voler essere al passo con i tempi) a cimentarsi con divertimento e successo con il Country (Faraway Eyes, Indian Girl), il Funky (Hot Stuff, Fingerprint File), la disco (Miss You), il Reggae (Cherry Oh Baby, Cracking Up) a dimostrazione che contrariamente a ciò che si dice di loro "It's NOT only Rock'n'Roll!!!! ".

A questo punto la provocatoria e ironica domanda posta anni fa da una vecchia canzone dei Bonzo Dog Band per ribaltare  lo storico pregiuidizio: " Can The Blue Men Sing The White??" dovrebbe incontrare un coro di risposte chiare e forti: ...   

     Andrea Angelini (vocalist e chitarrista degli Stoners)  

                                                       

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